Pisa nel Duecento
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Uscito negli Stati Uniti nel 1958, questo saggio di David Herlihy, ha subito avuto nella storiografia pisana un posto di rilievo derivatogli specialmente dalla nuova angolazione con cui è osservata e studiata la vita d’una città nel medioevo. Il punto di vista nuovo dal quale si muove questa ricerca, e che ne costituisce il più alto merito di originalità per gli sviluppi storiografici che ne derivano, è situato al livello della strada, dell’embolo, della bottega, dello scalo portuale, del fondaco; parte dalle rapide scritture, ancor oggi per la maggior parte inesplorate, che i notai appuntavano fittamente nei loro protocolli e che davano immediata attuazione giuridica – prima ancora della loro conversione in atti pubblici più formali – alle intese fra uomini d’affari, mercanti, armatori, in vista dell’apertura d’un rapporto commerciale, della costituzione d’una impresa. La ricostruzione – attraverso tale nuovo tipo di documenti – dell’operare di questi protagonisti inconsapevoli della storia, consente all’autore di tracciare di prima mano un quadro particolarmente vivo e affascinante, tagliato con rigore realistico della vita della città. Essi si articola in una vasta gamma di informazioni – quali finora non era staro possibile ricavare dalle fonti solitamente utilizzate – composte in una fitta maglia di correlazioni, a costruire un’organica visione storica direttamente agganciata al presente: la situazione geofisica del territorio con le sue risorse, le sue zone malariche, le condizioni sanitarie, la dinamica demografica, la viabilità, il costo dei trasporti, il variare del potere d’acquisto della moneta, le entrate del Comune, l’evoluzione dei redditi fondiari e immobiliari, l’adozione di prezzi politici per i generi di prima necessità, i vari tipi di imprese, l’ordinamento delle Arti, infine la prassi a volta a volta adottate nella risoluzione di problemi amministrativi e giuridici, spesso a sviluppo e modifica degli Statuti del tempo. Il momento esaminato (fra metà del Duecento e i primi del Trecento) è uno dei più interessanti della Storia di Pisa. Entro la prospettiva incombente e sempre più angusta d’una risoluzione definitiva dei rapporti con Genova, e soprattutto con Firenze, la repubblica attraversa un periodo di profonda trasformazione delle proprie strutture sociali ed economiche, che vede il formarsi di un proletariato urbano e insieme di nuovi ceti artigiani e imprenditoriali. Il vigoroso fenomeno di urbanesimo avvenuto in due riprese in conseguenza dello sviluppo delle lavorazioni conciarie e laniere che attirano manodopera dal contado e la parallela parziale trasformazione di territori agricoli in territori di allevamento, va risolvendo attraverso una convulsa dinamica il rapporto città-campagna – che è al momento cruciale per tutta la civiltà occidentale – nella direzione dell’affermarsi della città quale consapevole centro focale dell’economia dello stato, nel quadro delle lotte di potere fra “nobiltà” e “popolo”. A seconda del prevalere dell’una o dell’altra di queste forse, prevalgono differenti scelte d’intervento politico nel settore finanziario, fiscale, monetario che si ripercuotono su tutta la vita della città. Per queste ragioni il lavoro di Herlihy resta uno dei contributi più moderni alla conoscenza del mondo medioevale, all’impegno storico unendo la qualità di rivolgersi anche al lettore comune.
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